Sul Superbonus a quanto pare la scellerata scelta di un “blocco” immaginata in un primo momento dal Governo si sta trasformando nella ricerca di soluzioni più praticabili per un settore che non può e non deve tornare in recessione perdendo migliaia di posti di lavoro ed imprese. Ma si deve restare in allerta. Tutto va chiarito senza danni per il lavoro.
Ecco perché le decisioni da prendere devono essere chiare e devono partire da una scelta che per il sindacato è prioritaria: evitare una “gelata” del settore delle costruzioni la cui attività che resta cruciale per il presente e per il futuro. Anche per tale motivo il governo non può limitarsi ad ascoltare le richieste delle imprese ma deve confrontarsi anche con i rappresentanti di coloro che rischiano di più e che sono i lavoratori.
Blocco del superbonus e nuove norme sugli appalti indicano che si è imboccata una strada sbagliata. Questa direzione va fermata prima che possa compiere altri danni in un settore che dopo anni di difficoltà aveva ripreso slancio e ruolo nell’economia nazionale. Non si deve tornare indietro.
Ma soprattutto non si possono scaricare sui lavoratori responsabilità che sono di altri: norme fatte male, mancanza di controlli, furberie varie. Tutto questo non può tradursi in un “fermo” del settore e nella distruzione di migliaia di posti di lavoro.
Le ipotesi sulle quali si lavora, dall’utilizzo dell’F24 per disincagliare i crediti alle agevolazioni da garantire per le zone terremotate e gli incapienti, dimostrano che si può risolvere la situazione senza creare altre incertezze, nuove ingiustizie e drammi sociali. Ma segnala anche il fatto che se si rimprovera pressapochismo alle passate gestioni politiche non si può poi ricorrere a provvedimenti radicali e “autoritari” senza tener conto della reale situazione economica e sociale.
Il ventilato blocco ha suscitato una sollevazione generale non a caso: sarebbe come togliere la corrente ad una azienda che lavora a pieno regime senza alcuna spiegazione: una sorta di arbitrio che peggiora le cose e lascia impregiudicati i problemi che si vogliono affrontare. Non è il metodo giusto per procedere, salvando quanto di positivo va salvaguardato e superando le incongruenze che hanno portato a quella “bolla” di cui il governo vuole liberarsi.
Serviva un monitoraggio assai più attento, una consultazione costante con le parti sociali, una verifica continua dello stato dei lavori ma anche dei comportamenti dei vari soggetti, banche comprese. Tutto questo è stato aggirato “deviando” verso la via più sbrigativa e rischiosa: bloccare tutto. Non è il modo di governare che serve oggi e servirà soprattutto domani a questo Paese.
Nessuno vuole favorire un aggravio dei conti pubblici, tantomeno una sorta di Far West nel Paese. Ma non si devono utilizzare questi pericoli per ricacciare indietro un settore che resta centrale per assicurare crescita e occupazione stabile e qualificata. Vanno trovate allora proposte realistiche che sappiano intervenire sui temi più “scoperti” oggi, ma che al tempo stesso concorrano a creare le condizioni per un sistema produttivo veramente sano e capace di crescere, non di perdere pezzi. Il movimento sindacale vuole un sistema “sano”, questa è la prospettiva giusta. Ecco perché ci batteremo per avere garanzie certe che si possa continuare a lavorare all’interno di un sistema di regole e di obiettivi che non siano dettati all’infinito da scelte di emergenza dalle quali scaturiscano poi “grane” alla lunga difficili da superare.
Del resto, non si tratta di difendere quello che c’è così come è: si tratta invece di adeguare il sistema dei bonus in modo tale da raccordarlo a tutto quello, che si deve e si dovrà fare in futuro: utilizzare a pieno regime le risorse del Pnnr, procedere sulla strada della transizione energetica, programmare i passi da compiere per rendere compatibile il patrimonio edilizio con le decisioni europee, intervenire in modo tale da prevenire i danni ricorrenti prodotti da calamità naturali. Questo è lo scenario nel quale va collocata una proposta di politica economica e sociale che riguardi il settore delle costruzioni.
Di conseguenza il Governo non si attenda dal movimento sindacale “sconti” o disattenzioni. Le soluzioni che vanno trovate per i “bonus” non possono impoverire il nostro settore né di posti di lavoro, né di imprese che sappiano lavorare. Ed occorre anzi un salto di qualità da compiere e del quale la politica e le Istituzioni si occupano troppo poco: la sicurezza. Non è accettabile che ci si preoccupi molto dei problemi delle banche e dei conti pubblici e assai poco della situazione degli infortuni sul lavoro. Anche in questo caso sono inaccettabili passi indietro, sono invece necessarie scelte che non ci facciano ripiombare in gravi errori del passato come la “voglia” di deregulation del nostro settore.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio