E’ proprio vero “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Non solo sono cadute nel vuoto le assicurazioni della Giunta e del sindaco di Roma circa una diversa direzione di marcia rispetto alla fallimentare esperienza della Raggi che recuperasse un dialogo sociale all’altezza dei problemi della città e in grado di puntare sul settore delle costruzioni per rilanciare l’economia romana, ma con ineffabile disinvoltura ora si annunciano solo alle imprese le intenzioni relative alla manutenzione della città.
Per il riformista Gualtieri insomma il sindacato non esiste. Ma, dispiace dirlo, questo è un atteggiamento da riformismo da salotto che inoltre alla prova dei fatti finora si è distinto più per il vuoto di iniziativa concreta, in grado di creare lavoro, che per l’esistenza di una strategia che faccia recuperare a Roma una migliore qualità della vita e una reale tenuta dell’occupazione.
Siamo davvero insoddisfatti di questa deriva che manifesta una sostanziale mediocrità di proposta per l’economia ed il lavoro oltre ad aver derubricato come peggio non potrebbe fare una forza conservatrice il confronto con le rappresentanze dei lavoratori.
Ci faremo sentire, ma questo non toglie che per ridare forza alla crescita economica della città mancano tuttora i presupposti che pure dovrebbero ormai essere stati decisi da una giunta che pare brillare invece per assenteismo. Del resto anche la Regione non brilla per apertura al dialogo: possibile che non si comprenda che per ridare fiato alla economia regionale e di Roma il settore delle costruzioni deve assolvere ad un ruolo fondamentale di volano?
Ed il peggio potrebbe ancora arrivare se la stagione dei bonus precipitasse nel nulla (le avvisaglie si avvertono…)e se le stesse risorse del Pnnr sono oscurate da due misteri: non si sa se e quando arriveranno, non si sa come saranno impiegate e con quali tempi.
Serve invece una svolta, più chiarezza, un rapporto continuativo con le forze che esprimono le priorità e le necessità del mondo del lavoro. Ma un segnale vero che sia uno ancora non è pervenuto.
C’è da domandarsi a questo punto che razza di politica questo Paese debba sopportare. Guardiamo ai danni del disastroso maltempo di queste settimane e che si allargano oltre la situazione drammatica della Emilia Romagna cui va tutta la nostra solidarietà. Si pensa al Ponte di Messina, si litiga sul Ponte di Messina ma non si trova la forza di mettere al primo posto delle priorità del Paese la sicurezza dei territori da ripristinare con il concorso attivo e propositivo delle forze sociali. Come al solito la strada scelta è un’altra: mettere una pezza senza considerare che in tal modo si perpetua un errore grave e colpevole quale quello di accentuare ovunque, anche nella nostra Regione la fragilità estrema dei territori.
Non ci siamo. Va detto con molta franchezza: ovunque ti giri, avverti inadeguatezza e indifferenza verso i problemi più urgenti e decisivi per cambiare in meglio la nostra economia e la società stessa. Ancora una volta ci si trincera nel presente senza una prospettiva, nella ricerca del consenso immediato senza pensare a costruire il futuro, nella contrapposizione fine a se stessa che perpetua solo un modo di far politica sempre più elitario e sempre meno aperto a valutare ruoli e proposte di chi ogni giorno opera nel ondo del lavoro.
Da poco le organizzazioni sindacali hanno concluso una fase importante di mobilitazione. E’ il segnale che non ci si vuole piegare ad una funzione puramente notarile che settori della politica e delle Istituzioni vorrebbero riservarci. Si sbagliano di grosso: non potranno ignorarci.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio