Dopo dieci mesi di serrato confronto per il rinnovo del contratto integrativo di lavoro, il negoziato si è bloccato sul modello di welfare a favore dei lavoratori e delle loro famiglie a causa della rigida posizione assunta dalla controparte sul tema in oggetto.
di Francesco Sannino
Dopo dieci mesi di serrato confronto per il rinnovo del contratto integrativo di lavoro, il negoziato si è bloccato sul modello di welfare a favore dei lavoratori e delle loro famiglie a causa della rigida posizione assunta dalla controparte sul tema in oggetto.
Dopo dieci mesi di serrato confronto per il rinnovo del contratto integrativo di lavoro, il negoziato si è bloccato sul modello di welfare a favore dei lavoratori e delle loro famiglie a causa della rigida posizione assunta dalla controparte sul tema in oggetto.
È del tutto incomprensibile l’atteggiamento dei costruttori teso a negare un sistema che, in una fase così difficile per il settore attraversato da una crisi senza precedenti, può riconoscere risposte efficaci non solo ai lavoratori, ma anche alle imprese sane e regolari attraverso una nuova aliquota di equilibrio per le aziende.
Dall’inizio delle trattative abbiamo sempre sostenuto l’esigenza di un nuovo contratto per affrontare e dare risposte alle difficoltà del settore. I diecimila posti di lavoro regolari e le mille imprese che hanno cessato l’attività produttiva dal 2008 ad oggi, devono far comprendere alle Istituzioni Locali la necessità a intervenire attraverso l’avvio dei lavori che sono cantierabili, ma che per diversi motivi non sono ancora partiti. Un contributo che anche le parti sociali devono corrispondere mediante il confronto e il rinnovo del contratto. È un impegno coerente con i problemi che l’impresa denuncia sul ritardo della Pubblica Amministrazione nel corrispondere i pagamenti alle aziende per i lavori eseguiti, per quelli in fase di realizzazione, e per il blocco al credito da parte delle banche. Aspetti che dovrebbero indurre il mondo imprenditoriale a ricercare il percorso più rapido ad un accordo di sostegno all’insieme del settore.
Anche in passato il settore è stato chiamato ad agire nel sostenere i due protagonisti dell’edilizia: lavoratori e imprese. La memoria corre verso la metà degli anni Novanta quando, a fronte delle difficoltà che le costruzioni attraversavano a causa della crisi, le parti sociali operarono mediante la bilateralità per sostenere le maestranze con l’impresa sana e regolare.
Oggi che la recessione è anche più profonda rispetto a quella passata, è più che mai indispensabile lavorare per favorire – anche attraverso il negoziato contrattuale – processi contro il lavoro illegale e protocolli capaci di stimolare nuova occupazione. Le parti sociali devono caratterizzare la propria azione impedendo che le imprese possano utilizzare la crisi come alibi per uscire dal sistema contrattuale, se non addirittura per ingrossare l’esercito delle imprese in nero e che non applicano le norme di sicurezza.
Gli ultimi infortuni mortali avvenuti nella nostra realtà rappresentano un brutto segnale che non va assolutamente sottovalutato: il rischio di ritrovarci di fronte ad una nuova emergenza sulla sicurezza è estremamente elevato. Un contratto per il lavoro sano e regolare questo è in pratica ciò che è necessario realizzare senza perdere altro tempo. Se le risposte sul valore della posta in gioco possono essere sintetizzate come posizioni di partenza (frutto di tatticismo contrattuale, come si sarebbe detto un tempo) allora non sarà complicato riprendere il confronto per arrivare, dopo avere definito la parte relativa alla Cassa edile, ad affrontare l’aumento economico.
In ogni caso, non possiamo che registrare l’idea dei costruttori di considerare esaurita un’importante stagione del confronto basato sul modello della concertazione. Al momento non c’è nulla di espressamente definito, ma se è vero che a volte gli atteggiamenti contano più delle parole, allora è altrettanto vero che ciò che il sindacato ha potuto costatare fino a questo momento, è qualcosa che si avvicina molto al superare un sistema che nel corso degli anni ha favorito il raggiungimento di risultati utili per il settore.
Infatti, se il DURC è una realtà, lo si deve alle esperienze realizzate alcuni anni fa nel territorio; lo stesso dicasi per il ruolo avuto dalla contrattazione sul fronte della formazione professionale e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Perché oggi, anziché sostenere il modello che ha permesso di dare delle risposte importanti sul fronte della trasparenza e della legalità, lo si vuole rilegare a un vecchio ruolo negoziale? Una posizione antistorica, quella che sembrano accarezzare le imprese edili; non solo per la tradizione che la contrattazione possiede a Roma, ma anche in relazione nell’accordo fatto da Confindustria, CGIL, CISL e UIL nel giugno scorso, con il quale si assegna alla contrattazione territoriale una funzione fondamentale nel rapporto tra impresa e lavoratori.