La Camera di Commercio informa che nel secondo trimestre 2012 a Roma e provincia sono cresciuti i titolari di imprese individuali di nazionalità non italiana, che passano dal 17,8% del trimestre precedente al 18,3%. Tra i settori che registrano la crescita più sensibile le costruzioni, in cui gli imprenditori stranieri dall’8,49% del primo trimestre 2012 raggiungono quota 8,79%.
Secondo l’Osservatorio sulle migrazioni, inoltre, tra le imprese registrate nel Comune di Roma l’impatto degli imprenditori immigrati sul comparto delle costruzioni incide per il 27%.
La Camera di Commercio informa che nel secondo trimestre 2012 a Roma e provincia sono cresciuti i titolari di imprese individuali di nazionalità non italiana, che passano dal 17,8% del trimestre precedente al 18,3%. Tra i settori che registrano la crescita più sensibile le costruzioni, in cui gli imprenditori stranieri dall’8,49% del primo trimestre 2012 raggiungono quota 8,79%.
Secondo l’Osservatorio sulle migrazioni, inoltre, tra le imprese registrate nel Comune di Roma l’impatto degli imprenditori immigrati sul comparto delle costruzioni incide per il 27%.
Superficialmente questi dati potrebbero essere interpretati come un segnale positivo per il settore, nei termini di una prima timida ripresa, ma ponendo tali cifre in relazione alle altre statistiche del comparto emergono preoccupanti evidenze di segno contrario.
Nelle piccole e medie imprese edili di Roma e provincia da gennaio a luglio 2012, rispetto allo stesso periodo del 2009, i lavoratori stranieri sono diminuiti del 29%, quelli italiani del 26,7%. I lavoratori a tempo pieno segnano -24,9%, part-time e apprendisti -48,1% (fonte: Edilcassa Roma). Se in termini dimensionali consideriamo tutte le tipologie di imprese edili del territorio, dall’inizio della crisi (2007) ad oggi hanno chiuso i battenti oltre 2000 imprese, con conseguente perdita del posto di lavoro per 18.000 operai (fonte: Cassa edile di Roma).
La stridente contrapposizione tra il trend positivo degli imprenditori stranieri in edilizia, perlopiù titolari di imprese individuali, e la forte contrazione del numero di lavoratori stranieri, assieme agli italiani, all’interno delle aziende regolari evidenzia nettamente l’inasprimento del processo di frammentazione e destrutturazione del settore, la sua cronicizzazione ingenerata dalla crisi che si scarica soprattutto sulle fasce più deboli, come i lavoratori stranieri, con conseguente esasperazione degli effetti negativi sul fronte del lavoro irregolare, della concorrenza sleale e della distorsione dei processi economici. Una miscela micidiale che come sindacato delle costruzioni denunciamo da lungo tempo e che misuriamo quotidianamente nei cantieri. Uno scenario sempre più allarmante che presta il fianco all’intensificazione delle infiltrazioni criminali all’interno del comparto e dell’intero tessuto economico cittadino, come più volte evidenziato nel corso degli ultimi mesi dal capo della Procura di Roma Pignatone e da Libera, che nel Lazio ha identificato il radicamento di ben 46 clan.
Il labirinto della irregolarità, sul piano contrattuale e normativo, genera caporalato, annientamento dei diritti, immediate ripercussioni sul piano della sicurezza, percepita come un costo da abbattere.
I dati contenuti nel Rapporto Inail 2011 su infortuni e malattie professionali mostrano ampiamente questo stato di fatto: diminuiscono gli infortuni e i morti sul lavoro, anche tra i lavoratori immigrati, che però continuano a subire un numero maggiore di incidenti, proporzionalmente, rispetto ai colleghi italiani.
Con 725.174 infortuni su scala nazionale l’Istituto denuncia un calo complessivo (lavoratori italiani + lavoratori stranieri) del 6,6% rispetto al 2010, ridimensionato ad un -5% a causa della crisi economica, della perdita di posti di lavoro e della contrazione della quantità di ore lavorate. Per gli stranieri il calo viene ridimensionato al 3,1% con 115.661 incidenti. Gli infortuni degli immigrati rappresentano il 15,9% degli infortuni complessivi, quelli dei soli extracomunitari l’11,7%. Tra i settori più colpiti le costruzioni, che con poco più di 13.200 infortuni riferiti ai soli lavoratori stranieri coprono l’11,5% del complesso delle denunce sul territorio italiano.
Se vogliamo continuare a parlare di un “settore dell’edilizia” anche nei prossimi anni, in termini di volano di rilevo per la vita economica del Paese e non di una realtà marginale, regole, investimenti e vigilanza rappresentano l’unica ricetta in grado di invertire la tendenza, per ridare fiato alle imprese sane, creare occupazione regolare ed agganciare la ripresa.
Intensificazione dei controlli, fluidificazione dei meccanismi a vantaggio e sostegno della trasparenza, sia negli appalti pubblici che in quelli privati, drenaggio delle scarse risorse disponibili su interventi di manutenzione e riqualificazione immediatamente cantierabili, che a Roma e provincia valgono, da soli, 8 miliardi di euro, vale a dire quasi il 75% del valore della produzione nelle costruzioni: questa la strada da percorrere.
Una politica lontana dalla crisi reale del Paese, incapace – a livello locale e nazionale – di affiancare al rigore misure concrete per la crescita e di porre al centro del dibattito il lavoro non ci porterà lontano.
Se la semplificazione continuerà ad essere scambiata per deregolamentazione – come nel caso delle nuove norme sul Durc (documento unico di regolarità contributiva) contenute nel DDL Semplificazioni – se i tavoli di trattativa e concertazione con le parti sociali continueranno ad essere scambiati per mere audizioni, dietro al segno più in edilizia continueranno a celarsi l’assenza dei diritti e delle tutele.