La manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil dopo il brutale assalto alla sede della Cgil, ovvero a tutto il sindacato, collega la tempestiva reazione alla squallida azione squadristica di stampo fascista alla necessità di operare per isolarla in modo tale da rafforzare le ragioni del lavoro, della crescita e della partecipazione democratica.
Non dobbiamo permettere che la violenza esplosa nei giorni scorsi sia in realtà la punta di un iceberg pericoloso per le sorti democratiche del Paese. Non deve passare il messaggio che per far valere le proprie ragioni occorre fare ricorso all’odio ed a metodi rissosi e distruttivi.
Vi è stata una vastissima condanna ed è un segnale confortante. Ma non dobbiamo dimenticare la memoria del passato e gli insegnamenti che si possono trarre. Il primo è che il richiamo alla violenza e l’attrazione che ne consegue presso l’opinione pubblica in tempi difficili ed incerti finisce per essere assai più veloce di quello che si possa immaginare.
Un grande sindacalista socialista Vittorio Foa ce lo ricordò con efficacia in un suo libro di anni fa “Questo Novecento”. Ecco cosa scrive: “in poco meno di due anni il fascismo appare in tutta chiarezza: il vecchio che si vuole distruggere non è altro che la democrazia, i diritti dei cittadini e quelli dei lavoratori, il sistema elettivo degli incarichi politici ed amministrativi, il rispetto delle minoranze, le libertà civili, politiche e sociali”. Certo non siamo più nel 1922, oggi viviamo in una democrazia piena di problemi ma certamente più radicata nel vivere sociale. Eppure non va trascurato il fatto che senza isolare con determinazione e buone ragioni la violenza si possono aprire prospettive nefaste per il futuro di tutti.
Ma soprattutto non possiamo e non dobbiamo permettere che il percorso appena iniziato di una nuova fase di crescita diventi ancora più complicato di quello che già oggi è.
Ma possiamo anche fare un’altra considerazione: l’obiettivo sindacale della violenza reazionaria ha trovato giustificazione anche nelle non poche delegittimazioni del ruolo dei sindacati confederali che negli scorsi anni sono emerse come segno di… modernità, come pure espressione di una volontà tesa a rendere marginali le forze intermedie.
La manifestazione del 16 ottobre a Piazza San Giovanni è dunque la risposta più giusta e forte a questi tentativi di mettere all’angolo le rappresentanze del mondo del lavoro. In realtà fare del sindacato un bersaglio vuol dire solo scardinare uno dei punti forti della vita democratica.
Ritrovarsi uniti nella manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil è allor assai importante. E’ un richiamo esplicito al valore del dettato costituzionale che è stato il frutto della lotta per ritrovare la libertà e la democrazia, per ridare dignità al lavoro
Unità e partecipazione. Ci sono riforme fondamentali da fare per rimettere il lavoratore al centro di una nuova stagione di crescita, così come è altrettanto importante realizzare riforme che i cambiamenti in atto esigono e che non possono esser rimandate.
Occorre allora un grande sforzo per cambiare lo stesso modo di far politica e di affrontare sul piano economico e sociale i problemi che si hanno di fronte. E’ fondamentale che avanzi allora una nuova cultura della partecipazione che dia spazio al confronto, faccia emergere idee, proposte, assunzioni di responsabilità e cancelli l’immagine di una lotta politica e sociale nella quale c’è posto per la caccia al “nemico”. Isolare i facinorosi significa soprattutto garantire che le priorità del Paese che sono il ritorno allo sviluppo, la creazione di lavoro buono, il rispetto dei diritti di lavoratrici e lavoratori restano non vengano accantonate in alcun modo. Un impegno che unitariamente vogliamo portare avanti con convinzione.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio