Autonomia differenziata, dividere un’Italia già senza bussola

Autonomia differenziata, dividere un’Italia già senza bussola

Perché mai noi della Feneal di Roma e Lazio dovremmo schierarci contro l’autonomia differenziata? Il motivo è semplice ma importante: l’Italia economica e sociale va ricostruita riducendo diseguaglianze e riformando i settori decisivi della economia e dei servizi indispensabili alla popolazione dai ceti più deboli in particolare. Quella legge va nella direzione opposta.

La legge certifica infatti che i capisaldi per procedere verso il futuro sono l’opportunismo, l’egoismo, la subordinazione ai grandi potentati economici e finanziari. Invece questo Paese per puntare ad un futuro migliore e senza declino ha bisogno di tutt’altro: soprattutto di politica industriale, di equità fiscale, di una profonda riforma sanitaria, e, sul piano ideale necessita di solidarietà, di collaborazione fra giovani ed anziani, di comprensione e governo della rivoluzione tecnologica giunta ora a doversi confrontare con la intelligenza artificiale.

Abbiamo bisogno di un progetto Paese, non di una balcanizzazione del Paese.

L’autunno vede dunque la Uil e la Feneal Uil impegnate già su temi cruciali per i prossimi mesi. Senza dimenticare che nella nostra tradizione riformista c’è la memoria di un forte e convinto impegno sindacale per ridurre la distanza fra l’Europa e le regioni più in difficoltà nel nostro territorio ed inoltre per combattere mafia, camorra e le altre forme di criminalità organizzata come dimostrò la grande manifestazione del 1982 a Palermo di Cgil, Cisl e Uil in ricordo della uccisione del Generale Dalla Chiesa.

Ma l’autonomia differenziata cade nel momento più sbagliato anche per un altro motivo: nessuna realtà economica oggi è al riparo da crisi o da difficoltà di azione in una situazione europea tanto incerta e senza una direzione di marcia in grado di evitare danni esiziali alla economia continentale; in secondo luogo con l’avanzata del populismo di destra tutto va fatto fuorché incoraggiare derive separatiste; in terzo luogo in quel modo si abbandona la possibilità di dar vita a progetti di grandi riforme civili, economiche e sociali di cui l’Italia ha un grande bisogno.

Ecco perché ci mobilitiamo e abbiamo deciso di imboccare anche la via del referendum per abolire una legge che avrebbe l’unico risultato di rallentare il Paese e di creare fratture sociali che fra l’altro non potrebbero che incoraggiare i giovani a cercare altrove il proprio futuro.

Roma è stata del resto sempre un simbolo di accoglienza e di riconoscimento della dignità e dei diritti civili e del lavoro. Fin dalle sue origini. E la nostra regione deve poter continuare ad avere un ruolo di cerniera positiva fra il nord ed il sud del Paese. Ma non dimentichiamo neppure i problemi più immediati: si sottovaluta da parte soprattutto del Governo un aspetto che può incidere pesantemente sulle condizioni dei nostri lavoratori. Nelle nostre città lo vediamo senza sforzo: mentre l’inflazione cala, il livello dei prezzi, del carovita, resta insopportabilmente alto. Il ruolo della contrattazione, di conseguenza, dovrà essere quanto mai incisivo. Non possiamo permettere che si impoverisca ancora la condizione del lavoro dipendente.

Giovanni (Agostino) Calcagno

Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio