Vada come vada il decreto sulle semplificazioni nel quale c’è il tema centrale degli appalti mostra ancora una volta che al di là delle posizioni politiche pesa su questa fase così delicata per il nostro Paese il macigno della incompetenza. Non si spiegherebbe la confusione che esiste sul provvedimento nel quale entrano ed escono norme come se si fosse ad una stazione della metropolitana. Ma vi è anche una contraddizione evidente da sanare: proprio mentre l’authority che vigila sulle connessioni fra economia e malavita organizzata denuncia il fatto che nella crisi originata dal Covid si annida una ripresa di attività criminosa, il decreto in questione apre falle consistenti nella deregolamentazione del settore degli appalti. Il tutto a danno del lavoro regolare e della concorrenza onesta. Una sorta di strano liberismo oltranzista rispetto al quale anche una parte consistente di quelle forze politiche che si richiamano ai valori dell’onestà e della trasparenza pubbliche tentennano o, peggio, cavalcano questa insolita voglia di mettere in un angolo non le lentezze burocratiche ma regole senza le quali saltano diritti e doveri. L’auspicio è in un ripensamento. Si dice che la deregolamentazione dovrebbe durare un tempo definito, ma in Italia si sa che non c’è nulla di più duraturo di quello che appare come provvisorio.
Del resto lo stesso atteggiamento parlamentare sulla proroga del Durc eliminata per “evitare” intralci” alle imprese indica quale è la direzione di marcia: aprire praterie all’arbitrio, all’utilizzo di lavoro nero ed irregolare, all’aumento dei rischi sul lavoro, alla concorrenza sleale fra imprese. Non a caso il sindacato è insorto su questo problema ed è deciso a contrastare questa deriva che, sia chiaro, non velocizza alcuna apertura di cantiere ma semmai prepara un futuro che rischia di ingarbugliare ancora di più la vita economica di un settore cruciale come quello delle costruzioni.
Semplificazione sia, rapida e razionale. Ma non ci si venga a dire che essa consiste nel dare mano libera a tutti solo perché il Paese ha bisogno di ripartire. Per noi della Feneal Uil di Roma e del Lazio non è questa la direzione giusta di marcia. Certamente ci sono sensibilità politiche che colgono questi pericoli, l’importante è che non si limitino a prendere le distanze, ma sostengano le osservazioni e le proteste delle forze sindacali.
A quanto pare si è persino litigato sulle grandi opere da far ripartire con urgenza. Ed in questo caso non pare prevalere tanto la valutazione sulla sostanza dei problemi, quanto forse l’avvicinarsi di nuovi appuntamenti elettorali. Ma se così fosse, cosa vi è di cambiato rispetto al passato? E cosa può cambiare riattivando cantieri e lavoro? La nostra preoccupazione è grande, lo diciamo senza vena polemica. Non ci interessa minimante entrare in dispute politiche, però vogliamo scelte chiare e che non mettano in discussione la necessità di ripartire con regole che scoraggino la giungla dei contratti, la discrezionalità che genera abusi, i pretesti di rapidità per degli inviti alla criminalità organizzata.
Lo diciamo dal nostro osservatorio di Roma e del Lazio, perché sappiamo bene che una volta imboccata una strada pericolosa sul terreno scivoloso degli appalti è difficile tornare indietro e le conseguenze si faranno sentire su tutti i territori, il nostro compreso. E’ ovvio che non si potrà andare oltre un compromesso. Ma deve essere altrettanto evidente che non si possono tollerare salti all’indietro. I lavoratori edili devono poter contare su garanzie e su tutele che non possono essere continuamente rimesse in discussione. Ed è fondamentale che le ragioni sindacali abbiamo lo stesso valore delle posizioni politiche in campo. E siano egualmente tenute in considerazione.
Occorre far presto, certo, lo segnala anche l’Istat con i dati sempre disastrosi sull’occupazione. Quei dati devono però far riflettere sul tempo perso che poteva invece essere utilizzato per creare nuovo lavoro e salvare in modo non assistenziale quello che oggi è in grado di essere rimesso in campo velocemente. Migliaia sono ancora i lavoratori posti in cassa integrazione dove il ritardo nell’erogare loro l’indennità economica è vergognoso . Il tempo perso non è fatalità del destino, sia pure in una situazione grave come la nostra, è anche frutto di numerosi errori ed esitazioni che vanno considerate e non essere dimenticate. E non è una buona ragione constatare che in questo momento tanto difficile la stessa opposizione non si dimostra in grado di dare una mano seria al Paese. Noi della Feneal Uil siamo convinti che si può davvero ripartire con decisione, con lungimiranza, senza demolire regole che danno senso alla civiltà del lavoro. Non servono semplificazioni o chissà quali altri artifizi in nome del consenso elettorale, serve solamente agire. Agire per il bene del lavoratori e di tutto il sistema socio economico del nostro Paese. Ed è un ragionamento che facciamo con i piedi per terra. Sapendo bene che questa situazione di grande incertezza finisce per pregiudicare anche le condizioni per un rilancio del settore nella nostra città e nella regione. Per questi motivi siamo pronti a difendere con forza come sempre abbiamo fatto le nostre valutazioni e le nostre proposte che grande energia.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio