La tragedia della Marmolada non può lasciare solo una eredità di polemiche e di rimpianti. Dovrebbe invece ricordarci che abbiamo lasciato troppo nel dimenticatoio il grande problema di mettere in sicurezza i nostri territori e di affrontare questioni che attendono da anni una risposta come l’efficienza della rete idrica che ora, in tempi di siccità, si ripropone.
Potremmo dire che non si vive solo di bonus come il 110%, ma si potrebbe aprire un lungo cantiere pluriennale anche nella nostra regione per prevenire e per fronteggiare gli effetti spesso catastrofici, ed anche essi con vittime innocenti, che invece per l’incuria e la mancanza di volontà politica si trasformano inevitabilmente in drammatiche emergenze.
Certo, il problema del riscaldamento del pianeta esiste e va affrontato con decisione anche con la transizione energetica. Certo, far pace con l’ambiente è un dovere da assolvere con convinzione e strategie efficaci. Ma non dimentichiamo che la natura ha la sua evoluzione e che bisogna fare i conti anche con essa. Dovremmo allora dire basta agli estremismi di ogni tipo, anche a quelli di un ambientalismo che non sa tenere conto della complessità dei problemi che abbiamo di fronte.
Ma se tornassimo a ragionare con buon senso e spirito riformatore ci accorgeremmo che la vera necessità non è quella di rimediare agli effetti delle catastrofi naturali con costi elevatissimi in ogni direzione, bensì di approntare piani pluriennali, sottratti alle polemiche politiche, che ad esempio nella nostra regione e nella città di Roma affrontino una volta per tutte l’esigenza non solo di mettere in sicurezza questi territori ma anche di mettere in sicurezza le città ed il patrimonio culturale di cui disponiamo in abbondanza. Questo obiettivo vorrebbe dire lavoro stabile per anni, imprese strutturate in grado di operare con professionalità, tecnologie sempre migliori ed in grado di produrre lavoro sempre più qualificato per i giovani soprattutto.
Inutile fare l’elenco di tutto quello che si potrebbe fare nella nostra regione. Lo sappiamo bene e sappiamo anche che oggi vi è un sostegno in più con l’arrivo dei soldi europei. Cosa manca? Programmazione, concertazione con le forze sociali, volontà politica fino ad ora insufficiente o distratta dalla contingenza che non fa emergere la prospettiva di una azione riformatrice paziente ma capace di cambiare le cose in meglio.
Eppure, con un autunno difficile che ci aspetta sarebbe il caso di allargare gli orizzonti delle iniziative per il lavoro, utili anche ad evitare chiusure di imprese e nuova disoccupazione, anche al grande tema della rimessa in sicurezza delle nostre zone. Prima cioè di dover fare i conti con frane, fiumi che dopo le secche estive riprendono ad esondare, danni di ogni tipo ai quali rispondere con i soliti proclami di emergenza.
La natura quando ci manda segnali dovrebbe essere ascoltata con attenzione e rispetto. Ed abbiamo tutto per imparare anche le lezioni più crudeli, ma quel “tutto” va usato per tempo e con determinazione. E potrebbe essere questo un tema importante per qualificare anche le relazioni industriali. Il problema è…volerlo fare.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio