FINE ANNO FENEAL

FINE ANNO FENEAL

Se rileggiamo il Belli e Trilussa sulle epidemie dei loro tempi ci accorgiamo che lo spirito romano è sempre più forte delle disgrazie. Giacchino Belli sentenziava ad esempio così: “chi sta peggio de tutti è Gesucristo, ch’ha perzo la novena de Natale. Hai tempo affà presepi e accenne artari, questo è er primo Natale che s’è visto senza manco un boccon de piferari”. Non manca quella vena ironica che però aiuta a non cedere ed a guardare avanti con realismo. Certo, per dirla con gli antichi romani questo è stato un annus horribilis. Ci lascia una lezione amara ma che non va dispersa: quella di una fragilità umana che non si rafforza con l’uso disinvolto del trasformismo, ma si puntella con scelte chiare, condivise fra classe politica e forze sociali, ma soprattutto seguite da fatti. Noi del sindacato abbiamo seguito questa via; tutto si può dire ma non che non abbiamo presidiato il lavoro con due risultati comunque positivi: abbiamo garantito per quel che si poteva la continuità produttiva, abbiamo affermato con efficacia e risultati concreti che la priorità vera era la sicurezza sul lavoro, abbiamo tenacemente ribadito con le nostre Confederazioni la centralità del lavoro.  E, non lo si dimentichi, i luoghi di lavoro non sono divenuti altri focolai allarmanti di contagio. Il nostro settore però ha dovuto ancora una volta pagare un prezzo alto. Non dimentichiamoci però che quando prima della pandemia si potevano rilanciare le opere pubbliche ci si è impantanati in un groviglio politico di veti ideologici e di normative malfatte, di colpevoli perdite di tempo.  Ora è tempo di cambiare sul serio.

Il 2021 si apre con la speranza duplice del vaccino e delle risorse europee che vanno sotto il nome di Recovery. Auspichiamo che nel nuovo anno questi due capisaldi per ripartire siano gestiti senza litigiosità, confusione, presunzione e ritardi. Essi diventano un banco di prova severo per la classe dirigente. Nella nostra città inoltre potrebbe accentuarsi un clima preelettorale che di solito gonfia il petto ai politici di promesse ma in realtà è caratterizzato da immobilismo. E’ quello che dobbiamo scongiurare con determinazione nei prossimi mesi.  I sindacati del nostro settore hanno del resto preso già una posizione forte: chiedere il commissariamento di alcune opere strategiche per sottolineare anche la necessità che si definisca con i soldi europei un piano di priorità che da troppo tempo latita nel nostro Paese. Ne abbiamo sentite di tutti i colori in questi anni: progetti faraonici, miliardi di euro come se piovesse, modernizzazioni a tappeto per poi constatare che ci si muove senza una bussola, con una lentezza esasperante quando il tutto non è restato inattuato, ovvero abbandonato malinconicamente sulla carta. A Roma, con il disastro economico e sociale che la pandemia ha seminato, questo modo di agire e governare non può più essere ammesso. L’Europa, è vero, pur fra difficoltà, ha compiuto un passo in avanti in termini di scelte solidali. Ma questo cambiamento deve spronarci concretamente a cogliere ogni opportunità per non rimanere il fanalino di coda delle società più avanzate come è avvenuto negli ultimi decenni anche a causa del poco peso attribuito al settore delle costruzioni.  Il nostro settore invece può diventare strategico: lo sarà sulla sanità territoriale, lo sarà per rimettere in sesto la scuola, lo sarà per portare l’innovazione tecnologica, lo sarà per garantire una economia più “verde” ed una reale manutenzione del territorio.

E tutto questo vale a maggior ragione per il Lazio e per Roma dove c’è moltissimo da fare e troppo tempo è stato perduto. Naturalmente la nostra città ha bisogno di essere trattata con il rispetto che si deve alla Capitale d’Italia. E finora questo non è avvenuto come ci si doveva aspettare. Ma se la classe dirigente della città non si assume per intero la responsabilità di agire, è sorda alle proposte delle forze sociali e sindacali, si rifugia in un minimalismo operativo per non affrontare i nodi veri del disagio sociale, è inutile poi prendersela con la politica nazionale.

A differenza di altri anni però, il 2021 ci permette di giocare alcune carte preziose per tornare a crescere, per risalire la china della pandemia. Ecco perché il ruolo dei sindacati sarà fondamentale e ci sarà da battersi e da lottare. La Feneal di Roma e del Lazio non si è mai tirata indietro e non lo farà questa volta, statene sicuri. Le crisi, specialmente quelle profonde come l’attuale, rischiano di dividere, di spegnere la voglia d’iniziativa, di invogliare a chiudersi nel proprio recinto. Noi del sindacato abbiamo invece cercato in ogni modo di essere uniti, di continuare a proporre, di lavorare per la coesione sociale. Ed è un impegno che vogliamo mantenere.

Dobbiamo non perdere fiducia nella possibilità di ripartire, di tornare a realizzare le condizioni per fare dell’Italia un Paese migliore. Quest’anno le feste non saranno simili a quelle del passato. Ma le inevitabili restrizioni vanno considerate come un atto di responsabilità nei confronti del valore fondamentale della vita, la vita dei nostri anziani, dei nostri figli, di coloro che ci stanno accanto. Per uscirne c’è bisogno di un Paese che si dimostri nei fatti civile e maturo. Non ci sono scorciatoie possibili. Ma tutto questo non può inficiare il senso migliore del Natale e del nuovo anno che è quello di coltivare la convinzione che possiamo far calare il sipario su un periodo doloroso ed oscuro. Ed è quello che si deve fare. Un caloroso, fraterno augurio a tutti i lavoratori edili, i nostri militanti, i dirigenti della Feneal di Roma e del Lazio.

Giovanni (Agostino) Calcagno

Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio