Le priorità da non dimenticare: sicurezza per il lavoro, sicurezza pere il territorio.
È inutile ripeterci, oggi la parola chiave per cambiare rotta in questo Paese è: sicurezza. Sicurezza sul lavoro, sicurezza da ripristinare in troppi territori la cui fragilità oggi è rappresentata dalla tragedia naturale, ma non troppo, di Ischia.
Ed è inutile girarci attorno: mancano oggi alla politica tre elementi fondamentali per una svolta significativa: saper progettare, saper indicare le priorità reali, saper affrontare i problemi di fondo del Paese aprendosi con continuità al contributo delle parti sociali ed in particolare alla esperienza sindacale.
Non ci vorrebbe molto a capire che si deve uscire dalle polemiche strumentali, dalle invettive, dalle sceneggiate televisive se si vuole restituire al Paese l’immagine di una politica che sa occuparsi delle questioni vitali e sa indirizzare il Paese su percorsi pluriennali di interventi, mirati, realizzati con un ampio consenso, senza disperdere risorse e proposte.
Oppure vogliamo continuare unicamente sulla strada dei bonus straordinari? È questo il limite massimo oltre il quale la politica non sa andare? Se davvero fosse così ci sarebbe da restare assai poco ottimisti.
È evidente che su alcune questioni occorre andare oltre le logiche di schieramento per costruire invece politiche di riassetto dei territori, delle periferie, delle scuole, del patrimonio artistico. Certo ci vorranno molti anni e molti soldi. Gli anni vanno sottratti ai no pregiudiziali, alle vanità di bandiera, alle sirene clientelari. Le risorse intanto potrebbero essere recuperate da una attenta revisione del Pnnr che probabilmente avrebbe una attenzione positiva da parte dell’Europa. Ma ci vuole più coraggio e più disponibilità al confronto. Anche nella nostra regione, a Roma, tutto questo sarebbe assai utile. E potrebbe suggerire un diverso modo di fare quello che serve veramente.
Altrimenti lo scenario rimane quello angosciante di Ischia: vittime, dissesto, “riscoperta” dell’abusivismo, molti più soldi per riparare quello che la natura ha provocato.
Ma ci vuole anche dell’altro: è ora di finirla con l’ambientalismo di maniera.
Il primo, vero ambientalismo, è quello di curare la qualità del territorio che vuol
dire vivibilità e sicurezza per tutti. Altro che lotta al CO2, prima troviamo il modo pere convivere con i mutamenti climatici ed i fenomeni naturali senza dover subire tragedie e distruzioni di ricchezza. Bisogna tornare con i piedi per terra. In fretta.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio