La strage di Brandizzo e non è finita.

La strage di Brandizzo e non è finita.

Si stanno ancora verificando le cause della tragedia che ha stroncato alla vita di 5 operai a Brandizzo che già arrivano altre notizie di due incidenti mortali. Uno è avvenuto nella nostra regione, a Viterbo, il secondo ad Ancona. E’ necessario chiedersi e chiedere alla politica ed alle Istituzioni a questo punto: ma Brandizzo a cosa è servito? Ovvero cosa si deve fare perché si capisca che non si è di fronte a fatti di cronaca sui quali spendere parole e condoglianze, bensì ad un sistema di lavoro che sfugge continuamente al rispetto che si deve alla vita dei lavoratori.

È inutile che ci giriamo attorno, sappiamo bene che ci sono tante imprese che lavorano nella legalità e rispettano le norme di sicurezza. Ma questa continua strage di lavoratori segnala anche il fatto che la presenza di una attitudine a saltare norme e legalità, a ridurre il lavoro ad un prevalente obiettivo economico tale da trascurare però diritti e pericolosità, sta provocando drammi che in buona parte potrebbero essere evitati.

La morte dei due lavoratori a Viterbo e Ancona, al di là delle cause che l’hanno provocata non dovrebbe lasciare indifferenti dopo il disastro di Brandizzo. Eppure il dubbio permane: come è possibile che non cambi mai nulla, come mai la morte si fa beffe di quella che purtroppo dobbiamo definire la mancata reazione di politica ed Istituzioni?

Quanto si deve aspettare ancora perché sia accettata l’idea che andare al lavoro non è come andare in guerra? E quindi che fra le priorità di questo Paese la sicurezza sul lavoro deve poter aver una concreta attenzione?

Diciamo la verità: le cause che conducono agli incidenti mortali sono sempre diverse e dietro di esse ci sono omissioni contrattuali, illegalità, superficialità, mancanza di controlli. Ma non basta a spiegare questa scia di sangue. Anche il peggioramento delle norme sugli appalti ha determinato una sempre maggiore tasso di pericolo sui luoghi di lavoro. Ed in questo caso le responsabilità delle forze politiche, specialmente quelle di centro destra, sono indiscutibili.

Il problema si ricava anche dalla battaglia della Uil e della Feneal Uil sintetizzata dalla frase “zero morti sul lavoro”. Cosa significa questa frase se non una ribellione a giustificare una visione dell’economia e della attività produttiva che lungi dal rispettare la centralità del lavoro lo subordina alle proprie convenienze con la connivenza di una pseudo cultura liberista che ha attecchito nella politica e in alcuni settori delle nostre Istituzioni. Questa pseudocultura ha la sua parte di pesante responsabilità in quello che sta avvenendo. E va combattuta con convinzione perché in realtà logora non solo le tutele sulla sicurezza ma i diritti del mondo del lavoro più in generale.

La Uil non sta a guardare: il 19 settembre a Roma ci sarà una grande iniziativa nazionale nella quale convergeranno tutti i dirigenti e quadri della platea degli RLS, RLST e di tutti coloro impegnati in questa essenziale battaglia di civiltà. La Feneal Uil ha aderito pienamente a questo progetto e sarà presente in quanto la battaglia della sicurezza fa parte da sempre del nostro primario impegno sindacale. Non possiamo dimenticare infatti che siamo ancora e sempre di fronte a lavoratori che non ci sono più ed a famiglie distrutte da questi lutti. No, non può trattarsi di gravi fatti di cronaca. C’è molto di più e non c’è tempo da perdere per impedire che alla fine dell’anno si tracci un bilancio ancora più tragico.

Molta attenzione dovremo prestare allora nella nostra città e nella nostra regione con l’avanzamento dei lavori per il Giubileo e le opere che saranno sdoganate nel prossimo futuro. Non si può accettare un implicito diktat secondo il quale la sicurezza è subordinata ai tempi di lavorazione ed ai profitti e non può essere di impaccio. E’ indispensabile un cambiamento di rotta: Regione e Comune sono chiamati a dimostrare che esso caratterizza la loro azione di governo. Sono stati firmati protocolli chiari a proposito. Non ci devono essere passi indietro di nessun tipo. Ed il nostro impegno sindacale non mancherà, stiamo assistendo nel nostro Paese ad una deriva impensabile e che va fermata.

Giovanni (Agostino) Calcagno

Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio