Lo sciopero generale del 16 dicembre è per noi della Feneal di Roma la conferma che la nostra organizzazione sindacale non rinuncia alla sua autonomia di giudizio e di azione.
Un tratto storico della Uil che anche oggi non viene meno, ma riproposto proprio per affrontare i problemi concreti del Paese che sono ancora irrisolti e che questa manovra non riesce finora ad aggredire come si dovrebbe fare in un momento tanto difficile della vita del Paese.
È uno sciopero generale al quale non partecipa la Cisl. Ma l’unità di azione che ha dimostrato di valere molto in questi due tremendi anni di pandemia, siamo convinti che potrà dare ancora i suoi frutti in seguito. Del resto le proposte delle tre confederazioni avanzate al tavolo del Governo erano unitarie ma a parer nostro non sono diventate un reale terreno di confronto né per il governo, né per le forze politiche che lo sostengono e che non hanno neppure dimostrato una volontà di confrontarsi sul serio con la piattaforma sindacale. Per questo occorre ribadire la determinazione sindacale a misurarsi sulle proposte anche la fine di non lasciare indietro nessuno in questa critica stagione della vita economica e sociale.
Certo, meraviglia e non poco, la decisione della Cisl di far seguire allo sciopero del 16 dicembre una sua manifestazione che al dunque appare più come una convergenza verso le tesi governative e della maggioranza politica che una riaffermazione autonoma degli obiettivi sindacali per quali tutti ci siamo fin qui battuti.
Ma è necessario dare un forte segnale al disagio sociale che esiste nel Paese e che è destinato ad aumentare se alcuni problemi che incalzano la nostra economia ed il viver civile si acuiranno di qui a breve come l’inflazione e l’energia.
Come abbiamo constatato invece in questo periodo: una totale disattenzione della politica verso queste emergenze in quanto le priorità sembrano essere molto diversa e di caratura certamente assai inferiore alle attese, alle paure, alle necessità di lavoratrici, lavoratori, giovani, pensionati. La politica non si fa mancare la lite da cortile, la passione per le manovre in vista della elezione del Presidente della Repubblica, la possibilità di esaurire il proprio dovere di pensare ai problemi generali del Paese con degli spot mediatici che però nascondono e male la confusione esistente e la mancanza di progetti per il futuro.
Così le riforme annunciate non riescono a diventare neppure mezze riforme pur essendo questo il momento per osare, viste anche le disponibilità dei fondi europei che non sono da utilizzare per mettere al riparo gli slogan di questo o quel partito, ma dovrebbero accelerare un cambiamento reale.
Di questo cambiamento non v’è una consistente traccia: la riorganizzazione del fisco è assai lontana dal rispondere a criteri di equità; sulle pensioni la nostra categoria dovrebbe attendersi solo qualche concessione sull’Ape sociale quando invece tanti lavoratori edili attendono finalmente scelte di giustizia che riconoscano il valore della penosità del lavoro e del sacrificio che essi compiono ogni giorno.
E sul lavoro non ci si può far incantare dal Pil che sale al 6% quando ancora oggi ci sono aziende che chiudono, c’è la giungla dei contratti, la sicurezza del lavoro è ancora un obiettivo da raggiungere, la disoccupazione giovanile resta una emergenza inevasa. Mentre c’è di contro una enorme precarietà del lavoro che continua a dominare la scena economica e sociale.
Lo sciopero non è mai una festa per il lavoro, è un sacrificio che si compie non a cuor leggero per migliorare la dignità del lavoro non con le prom esse ma con i fatti concreti. Sbagliano inoltre coloro che lo ritengono un affronto all’attuale Governo. Le proposte sindacali sono chiare assieme alla riaffermazione del ruolo di tutela del lavoro che invece viene trascurato come se fosse un dettaglio della vicenda economica e social Non è così e lo dimostreremo. Paradossale semmai è il fatto che proprio chi critica anche con livore la decisione dello sciopero di Cgil e Uil sia stato prodigo mesi fa di ironie sul Draghi dipinto come… salvatore della patria, uomo solo al comando, commissario dell’Unione europea sull’Italia. Ovvero il solito trasformismo all’italiana che però lascia intatte le questioni cruciali per uscire dalla crisi. Del resto guardando al nostro settore, si può osservare che finora la strategia infrastrutturale necessaria per modernizzare il Paese cammina solo sulle gambe dei bonus come quello del 110% nelle sue varie declinazioni pratiche e poco oltre. E questo avviene perché conta solo il presente nel giudizio di questa classe dirigente quando invece sarebbe urgente guardare avanti ed impedire che le diseguaglianze si divorino le speranze di cambiare le cose. Ma il tempo è galantuomo e questo sciopero dimostrerà nel tempo la sua utilità. Ma proprio per tali motivi dovremo fare in modo che la mobilitazione dei lavoratori lasci il segno.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio