Osserviamo il sempre più’ cruento scontro attorno a Gaza. Ci preoccupiamo, ci addoloriamo, vorremmo il ritorno al confronto che faccia tacere le armi. Ma forse dimentichiamo che dalla globalizzazione dell’economia stiamo scivolando verso una globalizzazione delle guerre con conseguenze inedite e, purtroppo, tutte ancora da valutare. Prendiamo il balzo del petrolio con il riaccendersi della crisi mediorientale: colpirà le nostre tasche, frenerà le attività produttive e quelle che riguardano il nostro settore, spingerà i mercati ad aguzzare la vista verso gli Stati con più debito. E se sarà così ci sentiremo addosso i loro per nulla benevoli appetiti.
Finanziare il debito inoltre ridurrà le risorse per gli investimenti, il nostro settore potrebbe essere il primo ad accorgersi di questa eventuale stretta e non sarà indolore per il lavoro, neppure per quella equità’ che, come sindacato, reclamiamo da tempo immemorabile. Siamo alla vigilia di scelte molto impegnative? Non possiamo escluderlo. Sarebbe il caso allora che si moltiplicassero gli sforzi per affrontare con piedi ben piantati per terra i problemi di prospettiva.
Perché’ i lavoratori continuano ad essere vittime di incidenti sul lavoro, perché’ oltre il salario minimo, scelta di buon senso se esso fosse di casa da noi, si nascondono due questioni fondamentali come la più’ generale questione salariale e quella fiscale. Perché’ il deperimento del nostro settore produttivo non si arresta. Perché’ nella nostra regione ed a Roma non si vede ancora una fase di confronti reali che sappiano saldare realmente le attese per una crescita stabile a obiettivi davvero realizzabili in tempi certi e senza il ricorso a pratiche che ledono la dignità del lavoro.
Francamente non è più tempo di propaganda, di proclami, di contrapposizioni che non incidono nella realtà’ del Paese, non riavvicinano l’opinione pubblica alla politica, compresa quella locale, non attrezzano ad essere in grado di fronteggiare le difficoltà in arrivo. Lo scenario internazionale nel quale siamo immersi dovrebbe spingere alla riflessione ed all’azione. Nel DNA del sindacato questi due atteggiamenti sono radicati da sempre, ma occorrono interlocutori capaci di considerare le forze sindacali ed i lavoratori come il perno di un grande sforzo per evitare i danni che potranno giungere dall’esterno oltre che anche da una gestione del Paese che non riesce a cambiare le cose.
E non si scorgono con quella continuità che servirebbe. E’ dunque necessario più’ che mai mantenere forte il legame fra sindacato e lavoratori per dare alle nostre proposte ed alle nostre lotte quel significato concreto di cambiamento che è presente nella nostra proposta e nella nostra iniziativa.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio