Una Roma sempre più degradata e sempre meno governata accoglierà delegazioni dei lavoratori edili di Cgil, Cisl e Uil il 28 maggio, quando parteciperanno ad un presidio piazza Montecitorio davanti alla Camera dei Deputati.
Una Roma che non ha un piano di rigenerazione urbana, mentre le tensioni sociali si susseguono, le questioni dei rifiuti e dei trasporti restano senza risposte aggravando il disagio dei cittadini e dove anche il Bioparco rischia di chiudere per mancanza di fondi.
Il presidio che vedrà protagonisti i lavoratori di Feneal, Filca e Fillea farà nuovamente sentire la voce di un settore verso il quale si sono sprecati fiumi di parole, ma senza poter registrare conseguenze reali sul terreno dei fatti concreti. E’ il caso del decreto sblocca cantieri che non ha sbloccato proprio nulla, salvo la protesta crescente del mondo del lavoro.
La distanza abissale fra le promesse ed i fatti di questo Governo e di questa maggioranza si possono toccare con mano proprio a Roma. E non solo per le strade dissestate e le buche che sono ormai voragini, ma soprattutto per l’assurda e devastante lite sulle norme del cosiddetto salvaRoma dove a pagarne le conseguenze saranno i cittadini romani, spettatori inermi sul continuo immobilismo nel quale è caduta la Giunta non certo esente da colpe. Cinquestelle e Lega in questo caso, come del resto in altri, hanno preferito ingaggiare un braccio di ferro su Roma invece che comportarsi da vera maggioranza di governo, in grado cioè di trovare soluzioni utili per il Paese. Ed abbiamo assistito così alla solita rappresentazione di una coalizione che di volta in volta si divide in maggioranza ed opposizione sui problemi, con il risultato di penalizzare i cittadini. Riducendo la politica inoltre ad una farsa sempre più vuota di contenuti e di valori.
Ma sarà difficile questa volta fare orecchie da mercante nei confronti delle richieste che Cgil, Cisl e Uil, Feneal, Filca e Fillea riproporranno a piazza Montecitorio, ribadendo in particolare che il decreto sblocca cantieri non solo rischia di essere inefficace ma persino pericoloso e dunque va cambiato.
Le ragioni della nostra contestazione sono molteplici, tanto da far sintetizzare lo scopo della nostra protesta nello slogan “appalti: no alla legge della giungla”.
I motivi del nostro scontento sono di sostanza e riguardano aspetti centrali del provvedimento: liberalizza il sub appalto nei consorzi portandolo al 50% in tutti gli altri casi, con il pericolo di avere meno controlli e più lavoro irregolare. Prevede di aumentare le gare al massimo ribasso con inevitabile effetto di colpire le retribuzioni dei lavoratori edili, di ingenerare meno sicurezza, di favorire l’utilizzo di materiali scadenti. E soprattutto finisce col depotenziare la proceduta antimafia rendendo solo di facciata la pretesa di lottare contro la corruzione. Ed infine si allarga una sorta di discrezionalità senza regole precise nella gestione delle opere che è quanto di più negativo si possa immaginare per far ripartire il settore.
I sindacati porteranno le loro proposte che sono invece mirate a rilanciare il settore senza scorciatoie inaccettabili perché invece di semplificare davvero, introdurre criteri propri di politiche industriali serie, qualificare le stazioni appaltanti, si è voluto puntare ad accelerare le opere tagliando le regole e creando i presupposti per ridurre la sicurezza ed i diritti dei lavoratori.
La politica ancora non ha compreso che l’unica speranza per evitare un ulteriore peggioramento della nostra economia sta nel settore delle costruzioni. Non a caso la tiepida ripresa economica (molto fragile ed incerta) si deve in buona parte a quel poco di riattivazione dell’edilizia, insufficiente però per recuperare posti di lavoro ed invogliare le imprese ad investire e rischiare. Ciò che manca totalmente è la presenza attiva degli investimenti pubblici e di scelte precise da parte dello Stato. Anzi dobbiamo constatare la perdurante crisi dei grandi gruppi del settore, non pochi dei quali fra difficoltà d’ogni genere lasciano Roma o, peggio, stanno per chiudere i battenti.
Così non si può andare avanti. Dobbiamo reagire senza dare al Governo ed al Parlamento alibi di sorta. Serve una svolta e questa svolta non potrà avvenire senza che il sindacato incalzi i suoi interlocutori. Ed è quello che stiamo facendo e continueremo a fare anche il 28 maggio. Senza fermarci, senza arrenderci, senza tacere. Ora e sempre!!
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio