Il mese di gennaio ci ha messo nuovamente di fronte ad una cruda realtà: quella degli incidenti mortali sul lavoro. Un problema che abbiamo ancora di fronte a noi e non certo alle spalle. Va apprezzato di conseguenza, e molto, il richiamo del Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso davanti al Parlamento, dopo la rielezione, che ha legato strettamente questa piaga nel lavoro al valore della dignità. Ha ottenuto applausi scroscianti, purtroppo però chi applaudiva, ovvero i rappresentanti delle forze politiche, non ha ancora fatto abbastanza per tradurre in atti concreti le norme che pur ci sono sulla sicurezza del lavoro. Si sono tutti levati in piedi giustamente: in realtà però avrebbero dovuto considerare il fatto che quando il Presidente Mattarella ha ricordato il giovane diciottenne morto sul lavoro poco tempo fa, forse, con le sue ferme parole, era lui che li alzava in piedi.
Il sindacato è abituato da sempre a cogliere quanto ci è di positivo. La presenza nel discorso del Capo dello Stato del tema sicurezza alla pari con gli altri problemi del Paese ci deve spingere perciò a continuare con tenacia ed ancora maggiore determinazione nell’impegno per realizzare nel corso della vigorosa ripresa economica le condizioni migliori per evitare il terribile tributo di vittime ed incidenti gravi.
Lo dobbiamo fare con la consapevolezza che se la crescita, come speriamo, proseguirà malgrado le nubi internazionali e i rischi pandemici, energetici ed inflazionistici, non si potrà non mantenere alta la guardia sulla questione della sicurezza.
Dopo la morte del ragazzo a Torino ci sono state le manifestazioni di tanti giovani, turbate da incidenti. Facciamo caso però ad una singolarità: sono state presentate delle interrogazioni sul comportamento della polizia, ma non risulta che ve ne siano state per appurare cosa si è fatto per applicare le norme pur severe che dovrebbero intervenire dopo queste sciagure. Le forze sindacali possono fare il possibile, le imprese possono fare la loro parte, ma senza una reale pressione politica sulle realtà istituzionali proposte alla sicurezza si faticherà non pochi a raggiungere risultati apprezzabili. E spetta a parer nostro soprattutto alle forze politiche che si dicono riformiste, rafforzare il loro impegno in questa direzione.
Il settore edile, del resto, sta diventando sempre di più il volano della ripresa assieme all’export. Lavoriamo per gli altri Paesi, si riprende ad aprire i cantieri e l’economia va.
Ma non è tutto rose e fiori. Che il nostro settore sia strategico è un bene. Ma il suo ruolo va accompagnato da una grande bonifica del lavoro irregolare, come pure di una intensificazione dei controlli, della prevenzione, ed infine una riduzione sostanziale della giungla contrattuale. Lo dice del resto chiaramente pure il Cnel: su centinaia di contratti depositati solo poco più di un centinaio porta la firma delle organizzazioni più rappresentative. Non si deve andare avanti così.
Nella nostra regione, a Roma, c’è molto lavoro da fare. La nostra attesa è per una prospettiva di collaborazione e confronti con le Istituzioni locali. Ci sono le condizioni per voltare pagina rispetto al passato, ma non si deve perdere tempo. I prossimi mesi mantengono un margine di incertezza sul futuro economico che creano danni se non governati: se le aspettative delle imprese sono condizionate dall’incertezza il risultato sarà che il lavoro sarà sinonimo di precarietà, il tema sicurezza non avrà l’attenzione cui ha diritto, molte opere segneranno il passo forse compromettendo anche l’arrivo dei soldi europei.
Nel suo bellissimo discorso in Parlamento il Presidente della Repubblica ha invitato a collaborare, disegnando un Paese nel quale esiste un ruolo importante non solo per le Istituzioni e la politica, ma anche per le forze intermedie, compresi quindi i sindacati. Questa è la strada da percorrere. E noi abbiamo le carte in regola per farlo.
Giovanni (Agostino) Calcagno
Segretario generale Feneal Uil Roma e Lazio