"Tutte le strade portano a Roma", recita un vecchio adagio. Sarà ancora vero? E se sì, in quale maniera?
Il trasporto locale di persone e merci costituisce senz'altro, e sempre più lo sarà per gli anni a venire, una priorità dell'agenda politica della nuova giunta capitolina e di quella regionale.
La crisi infatti, a Roma così come nelle altre gradi aree metropolitane, sta imprimendo un'accelerazione allo spostamento della popolazione nelle aree dell'hinterland, soprattutto giovani coppie e famiglie con bambini piccoli, per effetto di politiche abitative inadeguate a rispondere al fabbisogno e dei prezzi, i quali, nonostante la feroce crisi del mercato immobiliare, continuano a rimanere comunque troppo elevati. Di contro, le politiche di austerità stanno frenando, quando non precipitando, la fornitura dei servizi, compresi quelli legati alla mobilità privata e collettiva, che a Roma ha sempre rappresentato un nodo nevralgico. Con i suoi tre milioni di abitanti, un'estensione geografica seconda solo alla città di Londra, ed oltre 20milioni di visitatori all'anno, la Capitale si trova in condizione di non poco svantaggio rispetto alle altre grandi città europee. Le cause, molteplici, sono da ricercarsi nella peculiare struttura del suo centro storico, nel ritardo infrastrutturale del trasporto, nella dispersione urbana, generata da una crescita disordinata che dal dopoguerra ad oggi prosegue senza sosta, nel modello di sviluppo regionale troppo "romacentrico".
“Tutte le strade portano a Roma”, recita un vecchio adagio. Sarà ancora vero? E se sì, in quale maniera?
Il trasporto locale di persone e merci costituisce senz’altro, e sempre più lo sarà per gli anni a venire, una priorità dell’agenda politica della nuova giunta capitolina e di quella regionale.
La crisi infatti, a Roma così come nelle altre gradi aree metropolitane, sta imprimendo un’accelerazione allo spostamento della popolazione nelle aree dell’hinterland, soprattutto giovani coppie e famiglie con bambini piccoli, per effetto di politiche abitative inadeguate a rispondere al fabbisogno e dei prezzi, i quali, nonostante la feroce crisi del mercato immobiliare, continuano a rimanere comunque troppo elevati. Di contro, le politiche di austerità stanno frenando, quando non precipitando, la fornitura dei servizi, compresi quelli legati alla mobilità privata e collettiva, che a Roma ha sempre rappresentato un nodo nevralgico. Con i suoi tre milioni di abitanti, un’estensione geografica seconda solo alla città di Londra, ed oltre 20milioni di visitatori all’anno, la Capitale si trova in condizione di non poco svantaggio rispetto alle altre grandi città europee. Le cause, molteplici, sono da ricercarsi nella peculiare struttura del suo centro storico, nel ritardo infrastrutturale del trasporto, nella dispersione urbana, generata da una crescita disordinata che dal dopoguerra ad oggi prosegue senza sosta, nel modello di sviluppo regionale troppo “romacentrico”.
“Tutte le strade portano a Roma”, recita un vecchio adagio. Sarà ancora vero? E se sì, in quale maniera?
Il trasporto locale di persone e merci costituisce senz’altro, e sempre più lo sarà per gli anni a venire, una priorità dell’agenda politica della nuova giunta capitolina e di quella regionale.
La crisi infatti, a Roma così come nelle altre gradi aree metropolitane, sta imprimendo un’accelerazione allo spostamento della popolazione nelle aree dell’hinterland, soprattutto giovani coppie e famiglie con bambini piccoli, per effetto di politiche abitative inadeguate a rispondere al fabbisogno e dei prezzi, i quali, nonostante la feroce crisi del mercato immobiliare, continuano a rimanere comunque troppo elevati. Di contro, le politiche di austerità stanno frenando, quando non precipitando, la fornitura dei servizi, compresi quelli legati alla mobilità privata e collettiva, che a Roma ha sempre rappresentato un nodo nevralgico. Con i suoi tre milioni di abitanti, un’estensione geografica seconda solo alla città di Londra, ed oltre 20milioni di visitatori all’anno, la Capitale si trova in condizione di non poco svantaggio rispetto alle altre grandi città europee. Le cause, molteplici, sono da ricercarsi nella peculiare struttura del suo centro storico, nel ritardo infrastrutturale del trasporto, nella dispersione urbana, generata da una crescita disordinata che dal dopoguerra ad oggi prosegue senza sosta, nel modello di sviluppo regionale troppo “romacentrico”. Così, le deficienze della mobilità capitolina si ripercuotono negativamente non soltanto sulla crescita del Pil locale, ma anche sulla qualità di vita dei suoi abitanti e visitatori.
Roma è la città con il più alto numero di autoveicoli privati: 74 ogni 100 abitanti contro i 25 di Parigi, i 31 di Londra ed i 46 di Madrid. Il congestionamento del trasporto di superficie cittadino è soprattutto legato al ritardo infrastrutturale della mobilità. Il confronto con i chilometri di metropolitana di alcune capitali europee è impietoso: rispetto ai 45,2 km di Roma, Parigi può contare su una rete di 213 km, Madrid di 293 e Londra di 402. In altri termini, le linee delle sole capitali confrontate superano la nostra intera rete nazionale.
Per non parlare dei pendolari, oltre 3 milioni di italiani che ogni giorno per i loro spostamenti usano i treni ed i mezzi pubblici. A Roma essere pendolari è una scommessa assai rischiosa: l’arretratezza delle infrastrutture ferroviarie, la vetustà dei treni e dei mezzi di superficie, l’assenza, in ogni via d’ingresso alla Capitale, di corsie dedicate ai mezzi su gomma rendono gli spostamenti da e verso il centro nelle ore di punta indegni di un Paese moderno e civile. Se in Europa mediamente ci sono 8 treni/km per ciascun abitante, in Italia il rapporto scende a 5. E il ritardo infrastrutturale aumenta soprattutto nelle grandi città. Secondo Legambiente, negli ultimi dieci anni il 71% dei finanziamenti della Legge Obiettivo è stato destinato a strade ed autostrade, il 15% alle ferrovie e solo il restante 14% alle reti metropolitane. Ciononostante a Roma la velocità media del trasporto su gomma, negli orari di punta, non supera i 15 km/h per i mezzi pubblici ed i 17 km/h per i mezzi privati. Più veloci di noi tutte le altre principali capitali europee (24 km/h a Madrid, 29 km/h a Londra, 20 km/h a Parigi).
Quanto fin qui descritto, e sarebbe già abbastanza, vale naturalmente per le strade da percorrere, cioè quelle che esistono, perché ad aggravare la situazione ci sono anche quelle che non esistono, cioè le strade di carta. Un esempio su tutti: la Roma-Latina che dovrebbe collegare la Capitale con il sud del Lazio. Assieme ad altre importanti arterie, quali il corridoio tirrenico e la Civitavecchia-Orte, anche queste rigorosamente di carta, dovrebbe costituire un grande raccordo regionale, essenziale, evidentemente, per lo sviluppo territoriale. Con i suoi 186 chilometri, di cui 100 in autostrada, composta da tre sezioni (tratto Roma A12–Roma Tor de’ Cenci; tratto Roma Tor de’ Cenci–Latina Borgo Piave; tratto Cisterna-Valmontone) più assi e complanari complementari, per un importo complessivo di 2,728 miliardi di euro (il triplo dei costi medi per un’opera simile in Francia e Spagna), della Roma-Latina se ne parla da oltre vent’anni. L’opera dovrebbe assicurare un collegamento strategico in sostituzione della vecchia statale Pontina, una delle strade più ingolfate e pericolose d’Italia (300 incidenti e 600 feriti soltanto nel 2012), a sua volta simbolo di un altro grave male italiano: la carenza di manutenzione ordinaria e straordinaria. Con Zingaretti approdiamo alla quarta amministrazione regionale che ne riprende in esame il progetto, dopo le giunte Storace, Marrazzo e Polverini. Pastoie burocratiche, contenziosi giudiziari infinti, comitati del no, lievitazione dei prezzi, ma dell’opera, non ancora cantierizzata, neanche l’ombra. Recita un vecchio adagio: “tutte le strade portano a Roma”, ma che fatica!