Roma è il quarto Comune italiano per concentrazione di immobili confiscati alla criminalità organizzata, dopo Palermo, Reggio Calabria e Motta Sant’Anastasia, un piccolo centro in provincia di Catania. Nel 2012 nel Lazio gli immobili passati dalla malavita alle mani dello Stato sono stati 488 rispetto ai 459 del 2011. La maggior parte si trova a Roma (355), seguita da Latina (78), Frosinone (50) e Viterbo (5): segno tangibile che il fenomeno mafioso e l’investimento in immobili nella Capitale e nel suo territorio sono in crescita.
Il Lazio si attesta inoltre al sesto posto nella classifica delle regioni con il più alto numero di confische. In aumento anche il numero delle aziende finite nelle fauci della criminalità e riconsegnate attraverso la mediazione dello Stato alla società civile (dalle 115 del 2011 alle 129 del 2012): nel 27% dei casi si tratta di ditte che operano nel settore delle costruzioni. I beni “rifugio” preferiti dalla criminalità sono infatti gli immobili e i terreni agricoli (spesso riconvertiti per speculazioni edilizie), seguiti dai locali pubblici, perché riescono meglio a far girare i soldi, a lavare e ripulire i proventi illeciti.
Il maggior numero di aziende confiscate si registra nelle zone periferiche dell’hinterland romano: Monterotondo, Grottaferrata, Pomezia, Marino, Ardea e Ciampino sono tra i Comuni più appetibili.
Roma è il quarto Comune italiano per concentrazione di immobili confiscati alla criminalità organizzata, dopo Palermo, Reggio Calabria e Motta Sant’Anastasia, un piccolo centro in provincia di Catania. Nel 2012 nel Lazio gli immobili passati dalla malavita alle mani dello Stato sono stati 488 rispetto ai 459 del 2011. La maggior parte si trova a Roma (355), seguita da Latina (78), Frosinone (50) e Viterbo (5): segno tangibile che il fenomeno mafioso e l’investimento in immobili nella Capitale e nel suo territorio sono in crescita. Il Lazio si attesta inoltre al sesto posto nella classifica delle regioni con il più alto numero di confische. In aumento anche il numero delle aziende finite nelle fauci della criminalità e riconsegnate attraverso la mediazione dello Stato alla società civile (dalle 115 del 2011 alle 129 del 2012): nel 27% dei casi si tratta di ditte che operano nel settore delle costruzioni. I beni “rifugio” preferiti dalla criminalità sono infatti gli immobili e i terreni agricoli (spesso riconvertiti per speculazioni edilizie), seguiti dai locali pubblici, perché riescono meglio a far girare i soldi, a lavare e ripulire i proventi illeciti. Il maggior numero di aziende confiscate si registra nelle zone periferiche dell’hinterland romano: Monterotondo, Grottaferrata, Pomezia, Marino, Ardea e Ciampino sono tra i Comuni più appetibili.
Purtroppo, a frenare il sistema delle confische c’è la cronica carenza di risorse a disposizione delle Istituzioni coinvolte nel procedimento di assegnazione dei beni sequestrati. Lungaggini burocratiche e norme obsolete affossano di fatto inesorabilmente la destinazione a fini sociali dei beni confiscati (una delle misure più efficaci e temute dalla malavita). Un dato è sufficiente a mostrarne l’evidenza: nel Comune di Roma i beni confiscati alle mafie effettivamente assegnati per il loro riutilizzo sociale o istituzionale sono appena il 27,3% del totale (fonte: Libera).
Serve un controllo più stringente sulla città e sul settore che la crisi sta esponendo ad un’infiltrazione sempre più veloce e pervicace, attraverso l’esplosione del lavoro irregolare e l’azzeramento dei diritti. Serve più controllo sull’ambiente. Nel 2011 le infrazioni ambientali accertate nel Lazio superavano quota 2.400, mentre sul territorio si contano almeno 5 clan dediti all’ecomafia. L’ultima frontiera della malavita è il ciclo di risanamento e bonifica dei terreni che essa stessa ha inquinato.
La “zona grigia” della connivenza si fa ogni giorno più ampia. Pezzi della società civile considerata bene, i cosiddetti colletti bianchi, giorno dopo giorno entrano in contatto e si mettono a disposizione del crimine con reciproco vantaggio, mentre le imprese sane affondano strozzate dalla stretta del credito bancario o peggio stritolate tra le maglie dell’usura. La bonifica di una Roma violenta, crocevia di tutte le mafie, unitamente a misure a sostegno del volano anticiclico dell’edilizia, come lo sblocco delle opere immediatamente cantierabili, la vigilanza ed il controllo stringente sul sistema degli appalti, devono rappresentare la priorità assoluta per i futuri governanti, perché soltanto così sarà possibile far ripartire l’economia sana, attribuire valore al lavoro, rilanciare i consumi.