La Croazia nuovo membro dell’Unione Europea

La Croazia nuovo membro dell’Unione Europea

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ediliziaDal 1° luglio 2013 la Croazia è paese membro dell’Unione europea. Il ventottesimo, per l’esattezza. Lo è fra speranze e timori. La speranza è che i processi di unificazione politica e di integrazione economica proseguano nel loro cammino. È palese che da essi non possono che derivarne benefici, tanto più in un mercato globalizzato, dove l’unica possibilità offerta alle singole nazioni di esistere come soggetto economico è di associarsi, diventando componenti di un più ampio e strutturato Global Player. Il mercato unico è, o dovrebbe essere, soprattutto questa cosa. I timori sono legati alle modalità con cui tale processo si è svolto, quanto meno in questi ultimi anni, dalla nascita della moneta unica in poi.

La Croazia nuovo membro dell’Unione Europea

Dal 1° luglio 2013 la Croazia è paese membro dell’Unione europea. Il ventottesimo, per l’esattezza. Lo è fra speranze e timori. La speranza è che i processi di unificazione politica e di integrazione economica proseguano nel loro cammino. È palese che da essi non possono che derivarne benefici, tanto più in un mercato globalizzato, dove l’unica possibilità offerta alle singole nazioni di esistere come soggetto economico è di associarsi, diventando componenti di un più ampio e strutturato Global Player.

Il mercato unico è, o dovrebbe essere, soprattutto questa cosa. I timori sono legati alle modalità con cui tale processo si è svolto, quanto meno in questi ultimi anni, dalla nascita della moneta unica in poi. Le diseconomie di ruolo, il potere eccedente della Germania, il difetto di una strategia politica condivisa, la stanchezza e la mancanza di vigore e di fantasia con la quale le élites europee hanno risposto alla crisi fanno riflettere anche a Zagabria. La quale, a lungo nella zona di influenza tedesca e del marco (costituendo la sponda orientale dell’Adriatico), ha bisogno di incrementare i suoi rapporti con i partner continentali. L’ingresso nell’Unione, a più di vent’anni dall’implosione della Jugoslavia, è quindi uno sbocco tanto naturale quanto obbligato.

Ma non certo privo di costi. L’anno passato, due terzi dei cittadini croati, interpellati con un referendum, si erano pronunciati a favore. Già nel 2004 la Slovenia l’aveva peraltro preceduta. Di fatto questo sposta i confini dell’Europa a sud-est, facendoli coincidere con la Serbia e la Bosnia-Erzegovina. Dopo di che i dati macroeconomici sono mediocri. Il paese sconta il quinto anno di recessione, con un tasso ufficiale di disoccupazione che si aggira intorno al 20 per cento della forza lavoro. Un’incidenza, quest’ultima, eccessiva, che può pregiudicare le fragili speranze di una futura ripresa. Inoltre, la previsione per l’anno in corso è di una ulteriore contrazione dell’1 per cento della ricchezza prodotta. Se il debito pubblico nazionale si aggira attualmente intorno al 54 per cento del Prodotto interno lordo, con l’espansione della spesa pubblica malgrado la severa disciplina nei conti e una politica di austerità rigida, potrebbe per l’anno entrante già superare la soglia del 60 per cento. Il problema non è la dimensione del debito ma il suo incremento costante. Lo stesso deficit ha sforato la soglia vincolante del 3 per cento, raggiungendo il 4,7.
Da ciò, tra le misure di benvenuto, potrebbe derivare a Zagabria l’apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Dopo di che, anche in questo caso, il percorso di unificazione continentale rivela la sua natura dilemmatica: imprescindibile per giocare un ruolo a livello internazionale e salvare l’economia del Paese dalla marginalità, ma onerosissimo per le condizioni che sono ad esso collegate. L’ingresso della Croazia, per i modi e i tempi in cui avviene, ne è uno specchio.