Una crisi lunga, dalla quale non si vede la via d’uscita. Dal 2009 hanno perso il lavoro centoventimila persone l'anno, 328 individui al giorno. In tutto sono mezzo milioni di posti, tra edilizia, materiali da costruzione, cemento, lapidei, legno e arredo, bruciati sull’altare della recessione. Gli ultimi dati provenienti dalle Casse edili dimostrano che vi è stato un calo del 31% degli addetti, del 35% delle ore lavorate e del 25% della massa salari. Si sono così persi il 30% della produzione ed il 40% degli investimenti pubblici.
Una crisi lunga, dalla quale non si vede la via d’uscita. Dal 2009 hanno perso il lavoro centoventimila persone l’anno, 328 individui al giorno. In tutto sono mezzo milioni di posti, tra edilizia, materiali da costruzione, cemento, lapidei, legno e arredo, bruciati sull’altare della recessione. Gli ultimi dati provenienti dalle Casse edili dimostrano che vi è stato un calo del 31% degli addetti, del 35% delle ore lavorate e del 25% della massa salari. Si sono così persi il 30% della produzione ed il 40% degli investimenti pubblici.
Una crisi lunga, dalla quale non si vede la via d’uscita. Dal 2009 hanno perso il lavoro centoventimila persone l’anno, 328 individui al giorno. In tutto sono mezzo milioni di posti, tra edilizia, materiali da costruzione, cemento, lapidei, legno e arredo, bruciati sull’altare della recessione. Gli ultimi dati provenienti dalle Casse edili dimostrano che vi è stato un calo del 31% degli addetti, del 35% delle ore lavorate e del 25% della massa salari. Si sono così persi il 30% della produzione ed il 40% degli investimenti pubblici. Il crollo del fatturato complessivo è stato di oltre il 16%. Le prospettive per il 2013 non sono meno drammatiche, con l’aggravante che qualsiasi peggioramento si va ad inserire in un contesto già fortemente indebolito. Si tratta di una crisi sistemica, perché mette in discussione i presupposti stessi della continuità del settore che, da solo, vale ancora il 12% del Pil nazionale. Quattro sono gli elementi che pesano di più. Il primo è stato l’esplosione della bolla immobiliare, prima negli Stati Uniti e poi nell’Europa mediterranea, con gli effetti di drastica contrazione del mercato. Il secondo rimanda alla consunzione degli investimenti pubblici che, in Italia, stanno andando in alcuni settori verso l’azzeramento. Il terzo è la completa mancanza di una politica pubblica di settore. Il quarto rinvia all’obsolescenza tecnologica del settore e alla parcellizzazione delle imprese. Negli anni migliori non sono stati fatti investimenti per rinnovare le produzioni e ora si sconta il ritardo, soprattutto rispetto ad aziende di altri paesi, molto più competitive. Se non si riesce ad invertire la marcia, il rischio è che l’edilizia diventi un settore secondario nell’economia italiana. Un fatto destinato a pesare non solo tra le imprese e gli addetti, ma anche, a cerchi concentrici, su tutto il Paese.