È certo che uno dei nodi del ritorno in grande stile del populismo sia l'ossessione contro qualsiasi forma di rappresentanza. Non a caso, proprio chi ha in odio la democrazia partecipata - che presuppone la presenza di corpi intermedi, in quanto strumenti per raccogliere le richieste che arrivano dalla collettività, trasformandole in domande che poi la politica dovrebbe incaricarsi di tradurre in risposte efficaci ed efficienti - caldeggi improbabili forme di democrazia diretta, tutte basate su sondaggi, consultazioni telematiche, pronunciamenti collettivi e così via.
Il sindacato, da questo punto di vista, è nell'occhio del ciclone.
È certo che uno dei nodi del ritorno in grande stile del populismo sia l’ossessione contro qualsiasi forma di rappresentanza. Non a caso, proprio chi ha in odio la democrazia partecipata – che presuppone la presenza di corpi intermedi, in quanto strumenti per raccogliere le richieste che arrivano dalla collettività, trasformandole in domande che poi la politica dovrebbe incaricarsi di tradurre in risposte efficaci ed efficienti – caldeggi improbabili forme di democrazia diretta, tutte basate su sondaggi, consultazioni telematiche, pronunciamenti collettivi e così via.
Il sindacato, da questo punto di vista, è nell’occhio del ciclone.
È certo che uno dei nodi del ritorno in grande stile del populismo sia l’ossessione contro qualsiasi forma di rappresentanza. Non a caso, proprio chi ha in odio la democrazia partecipata – che presuppone la presenza di corpi intermedi, in quanto strumenti per raccogliere le richieste che arrivano dalla collettività, trasformandole in domande che poi la politica dovrebbe incaricarsi di tradurre in risposte efficaci ed efficienti – caldeggi improbabili forme di democrazia diretta, tutte basate su sondaggi, consultazioni telematiche, pronunciamenti collettivi e così via.
Il sindacato, da questo punto di vista, è nell’occhio del ciclone, essendo indicato sempre più spesso come un soggetto parassitario, che simulerebbe di svolgere un ruolo di mediazione (quand’essa sarebbe già in sé – invece – una funzione non solo inutile ma anche e soprattutto dannosa), mentre coltiva i suoi inconfessabili interessi di parte. L’ideologia della «casta», che parte dalla premessa di mettere in discussione il potere inossidabile dei gruppi di interesse corporativi per poi tradursi nell’avversione sistematica verso ogni genere di contrattazione che non sia quella diretta tra diseguali (il più forte e il più debole), trova nell’aggressione sistematica al sistema delle relazioni industriali e sindacali uno dei suoi punti di maggiore forza.
Il declino dell’Italia si misura anche su questo inquietante riscontro. Che le organizzazioni sindacali debbano porsi il problema di come stia cambiando, e vorticosamente, il mondo del lavoro, cercando forme inedite per la sua rappresentanza, è un fatto indiscutibile. Si tratta di una sfida gigantesca, sulla quale, anche come Feneal Uil, ci giochiamo il nostro stesso futuro. Che da ciò si possa però passare al sogno, destinato a rovesciarsi da subito in incubo, dell’inutilità di qualsiasi criterio, sistema, modalità di mediazione, ce ne corre. Sarebbe come credere di attraversare l’Atlantico a nuoto. Se qualcuno pensa altrimenti, si accomodi da subito. Però non cerchi, nel qual caso, una scialuppa di salvataggio, a liberarlo dai flutti devastanti e soverchianti di un oceano in piena. Quello del qualunquismo, dove ognuno muore da solo, prima o poi.