Rilanciare il lavoro diventando sistema

Rilanciare il lavoro diventando sistema

Lavorodi Agostino Calcagno, Segretario UIL di Roma e del Lazio

 

La crisi economica, che perdura ormai da alcuni anni, ha prodotto effetti negativi sia in termini economici, industriali che, soprattutto, occupazionali. Stando ai dati di fonte Istat del gennaio 2011 il Lazio ha un tasso di disoccupazione del 9,3% mentre la disoccupazione giovanile, compresa tra i 15 e i 24 anni, è del 29,2% per gli uomini e del 33,9% per le donne.

Lavorodi Agostino Calcagno, Segretario UIL di Roma e del Lazio

 

La crisi economica, che perdura ormai da alcuni anni, ha prodotto effetti negativi sia in termini economici, industriali che, soprattutto, occupazionali. Stando ai dati di fonte Istat del gennaio 2011 il Lazio ha un tasso di disoccupazione del 9,3% mentre la disoccupazione giovanile, compresa tra i 15 e i 24 anni, è del 29,2% per gli uomini e del 33,9% per le donne.

Rilanciare il lavoro diventando sistema
di Agostino Calcagno, Segretario UIL di Roma e del Lazio

La crisi economica, che perdura ormai da alcuni anni, ha prodotto effetti negativi sia in termini economici, industriali che, soprattutto, occupazionali. Stando ai dati di fonte Istat del gennaio 2011 il Lazio ha un tasso di disoccupazione del 9,3% mentre la disoccupazione giovanile, compresa tra i 15 e i 24 anni, è del 29,2% per gli uomini e del 33,9% per le donne. È innegabile che la grave crisi economica finanziaria internazionale abbia prodotto profonde trasformazioni nel mercato del lavoro con la nascita di nuove forme di impiego precarie e provvisorie (a partire da un aumento sconsiderato di consulenti con Partita Iva, una forma di lavoro subordinato mascherato, che non ha nulla a vedere con il cosiddetto lavoro autonomo). Occorre quindi rivedere tutta la frammentazione dei contratti di lavoro. Come Uil abbiamo proposto alla Regione Lazio di aprire un tavolo sulla vertenza lavoro, per tentare di trovare soluzioni che possano portare ad una nuova e “buona” occupazione, ossia stabile, non precaria, e contrastare il lavoro nero, dilagante in questo ultimo periodo, con tutte le conseguenze che si trascina dietro: dal non rispetto della sicurezza nei luoghi di lavoro ai ricatti verso i lavoratori, insieme all’evasione degli obblighi contrattuali e assicurativi. Siamo sempre più convinti che si debba intervenire nelle aree maggiormente colpite dalla crisi con misure straordinarie, non solo a sostegno dell’economia locale e delle imprese, ma anche attraverso la fiscalità regionale, attuando scelte che salvaguardino il reddito da lavoro dipendente e da pensione.
Particolare attenzione deve essere rivolta all’occupazione femminile e a quella giovanile, intervenendo con politiche basate su fondi mirati nonché incentivi fiscali per l’inserimento e la permanenza nel mondo produttivo. Ciò implica una maggiore cooperazione e un migliore coordinamento tra Regione, Province e istituzioni locali, facendo sistema con l’utilizzo sistematico di tutte quelle risorse disponibili come i Fondi sociali europei, gli altri fondi strutturali, il fondo aree sottoutilizzate; individuando settori strategici e di sviluppo economico regionale; investendo su ricerca e innovazione come su un’economia sostenibile; identificando nuovi bacini di impiego; adoperandosi nell’accrescimento professionale dei lavoratori attraverso la formazione continua, per arrivare ad un’integrazione tra il sistema istruzione e formazione ed il sistema lavoro. Tutti gli attori istituzionali e sociali coinvolti devono quindi offrire il loro contributo per il rilancio dell’impianto economico regionale attraverso le politiche per il lavoro, la formazione e l’orientamento. Nel Lazio c’è stato un massiccio ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria che ha limitato la chiusura di aziende e la conseguente espulsione di manodopera ma non ha evitato del tutto il licenziamento dei lavoratori a tempo indeterminato. Rieti e Viterbo, nel periodo tra gennaio e ottobre del 2010, avevano la più alta percentuale di lavoratori in nero rilevati sulle aziende ispezionate, soprattutto in agricoltura e in edilizia. Il nuovo accordo sugli ammortizzatori in deroga, siglato il 10 aprile 2011 tra le organizzazioni sindacali e la Regione, non risolve il problema della massiccia uscita dal mondo del lavoro di migliaia di persone. Deve essere quindi rivisto l’intero sistema nazionale degli ammortizzatori sociali. C’è la necessità di una riforma che sia in grado di ricollocare in un breve arco di tempo quanti fuoriescono dal mondo lavorativo. Rispetto al mese di maggio 2010 nel Lazio abbiamo avuto un sensibile aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate (più 102%). A Roma e a Viterbo le percentuali sono state altissime, con un incremento del 193% e del 105% (per la cassa integrazione speciale e la cassa in deroga). Tuttavia si è verificata una diminuzione rispetto ai primi 5 mesi del 2010, il che ci fa sperare in una ripresa del sistema produttivo regionale. Abbiamo registrato un vistoso calo di ore richieste per la cassa integrazione speciale mentre calano leggermente anche quelle per la cassa integrazione ordinaria; gli ammortizzatori in deroga aumentano invece di poco. Le 102.000 imprese artigiane che operano nel Lazio potrebbero essere quindi potenziali protagoniste di nuove opportunità economiche ed occupazionali. Il settore è infatti in netta controtendenza rispetto all’andamento economico nazionale, offrendo ben 30.000 nuovi posti di lavoro in Italia. Si tratta di mestieri nobili e ben retribuiti come falegnami, idraulici, elettricisti, carrozzieri, parrucchieri, estetisti, meccanici, panettieri. Dobbiamo comunque evitare che salga il disagio sociale, che produrrebbe forme sempre più esasperate di lotta, con la conseguente divisione tra gli stessi lavoratori.
Un nuovo modello di sviluppo produttivo e occupazionale può essere realizzato attraverso le infrastrutture. Sono anni che chiediamo che la nostra Regione venga dotata di quegli strumenti necessari per mettere in rete il suo territorio con il resto d’Italia. Investimenti sempre promessi e sempre disattesi, basti pensare a tutte quelle opere inserite nell’intesa quadro di gennaio 2002 tra Regione e Governo e a tutt’oggi ancora non realizzate. Ci riferiamo alla Roma-Latina, (comprendendo la Cisterna-Valmontone), alla Orte-Civitavecchia, al corridoio tirrenico settentrionale, al raddoppio della Salaria, alle complanari in entrata su Roma. Non da meno sono la realizzazione di opere ferroviarie e portuali: il raddoppio della Roma-Viterbo e della FR8 da Campoleone ad Aprilia; il potenziamento della FR4 dei Castelli romani; della Roma-Civitavecchia, in modo da avere un adeguato e snello collegamento per i turisti che fanno scalo al porto che, insieme a quello di Fiumicino e Gaeta, costituiscono l’attuale sistema portuale regionale, che andrebbe ampliato sia sul versante merci che su quello turistico, prevedendo finanziamenti pubblici e privati. C’è tutto il sistema della messa in sicurezza degli edifici scolastici e delle strutture ospedaliere da sostenere attraverso un piano straordinario di investimenti così come lo sviluppo della rete della banda larga e la realizzazione di arterie collegate con i principali siti industriali e i principali nodi di collegamento.
Quanto fino ad ora riportato permetterebbe alla nostra regione di affrontare la crisi in atto, ridando al settore edile il ruolo di volano dell’economia laziale. Anche nel caso che gli effetti positivi si manifestassero a lungo termine, i benefici si estenderebbero a tutto l’indotto e creerebbero nuova occupazione.
Per quanto riguarda la città di Roma, la Metro C e la B1 sono le principali opere infrastrutturali che vedono il cofinanziamento anche da parte del Comune, ma che da sole non bastano a coprire l’intera città e l’hinterland. Rendere immediatamente cantierabili le opere di competenza dell’amministrazione provinciale per rimettere in moto il settore edile è quindi una delle priorità che abbiamo chiesto a più riprese. Solo così potremo sperare di uscire dal tunnel della crisi.